LECTIO VANGELO ASCENSIONE

Dal vangelo secondo Marco (16,15-20)

15 In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. 16 Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. 17 E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, 18 prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno». 19 Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. 20 Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano.

Prima di introdurre il testo evidenziamo due riflessioni sulla festa dell’Ascensione:

1-La festa dell’ Ascensione possiamo definirla come la festa della trasformazione della relazione tra Gesù e i suoi discepoli: prima Gesù stava con loro, con l’ascensione e poi la pentecoste: Gesù dimora in loro. Possiamo dire quindi che è la festa dove i discepoli “diventano grandi”.
L’episodio dell’ascensione di Gesù al cielo è un momento di congedo, necessario per poter ripartire. Non a caso, questo evento è non solo la fine dei Vangeli, ma anche l’inizio degli Atti degli apostoli. È un evento che genera, proprio perché permette di prendere congedo da quello che è avvenuto.
A volte anche noi siamo incapaci di ripartire nella vita perché rimaniamo attaccati a quello che è successo, rischiamo di fissarci senza la capacità di voltare pagina.
Questi versetti sono attraversati da verbi di movimento: Gesù invita ad andare. E alla fine i discepoli mostrano di aver accolto l’invito di Gesù, infatti partirono e predicarono. Nella loro vita è avvenuto un cambiamento e si sono rimessi in moto.
Per ripartire, occorre prendere atto che le cose e le relazioni si possono trasformare. A volte è proprio questa la fatica più grande: le cose e le relazioni non rimangono mai uguali, allo stesso punto per sempre; c’è una novità in cui, di volta in volta, dobbiamo entrare.
Ma insieme al distacco c’è anche una promessa: il testo del Vangelo dice infatti che anche dopo l’ascensione, anche quando i discepoli pensano di dover affrontare da soli le vicende del mondo, il Signore agiva con loro. È vero, il contesto è diverso, ma Gesù non li abbandona avranno in dono lo Spirito Santo!

  2-La festa dell’ascensione è fondamentale perché ci ricorda la nostra meta, il nostro punto di arrivo. Un cammino si spiega dalla meta, si affronta un cammino in base alla meta: questa meta non è su questa terra, la nostra meta è il cielo, è il Padre. Noi siamo pellegrini verso il cielo. Questo già di per sé ci aiuterebbe a sdrammatizzare e non assolutizzare alcuni nostri problemi che non hanno niente a che fare con ciò che è eterno. Ciò che conta nella mia vita invece sono tutti quegli atti che vincono la morte e “stanno in piedi in cielo”. Atti che sono segnati dallo stesso amore con cui Gesù ci ha amato: “ del luogo dove io vado, voi conoscete la via». La via del cielo e la via dell’amore con cui Cristo ci ama, tutto ciò che nasce da questo amore “resta in piedi in cielo”!

Vediamo più da vicino il testo:
15 In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. 16 Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. 

 Questo brano ci ricorda la missione impegnativa il Risorto ha affidato ai discepoli, noi compresi. Il Suo Volto sottratto alla vista con l'Ascensione, dovrà essere reso presente dal volto della Chiesa missionaria: "Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura" (Mc 16,15). Siamo chiamati ad essere la trascrizione visibile del Risorto, siamo chiamati ad essere narratori credibili di un incontro che ha cambiato la nostra vita. La chiamata missionaria non è un di più dell'esperienza cristiana, o qualcosa riservato a pochi, ma è un elemento essenziale e costitutivo della vita del discepolo.
Dobbiamo superare il rischio di dedicarci alla conservazione della fede, al mantenimento del nostro piccolo orticello o a serrare i ranghi del nostro gruppo, e lasciare che lo Spirito ci guidi in mare aperto per essere testimoni di un amore che ha ribaltato la nostra vita.

 In tutto il mondo- ad ogni creatura.

Al tempo di Gesù i religiosi dicevano: “Questi sì e quelli no; questi sono buoni e quelli cattivi; questi sono degni e quelli no; questi in paradiso perché puri, quelli all’inferno perché impuri (donne, peccatori, pubblicani, pastori, pescatori, lebbrosi, ammalati, usurai, ecc.)”, Gesù invece diceva: “Io vado da tutti. Io non guardo la carta d’identità, io guardo il cuore”. “Io ho un messaggio da proporre al cuore, un messaggio di luce, di vita, d’amore, di riconciliazione, di pace, di verità. E’ per questo che vado da tutti, perché Dio è per tutti”. Per questo Gesù dice: “Andate da tutti, dappertutto, da ogni creatura”.

Non si tratta di convertire tutto il mondo, ma di accettare che il Dio del vangelo è veramente il Dio di tutti, di quelli che credono e di quelli che non credono, di quelli vicini e di quelli lontani, dei buoni e dei non buoni, dei giusti e dei non giusti.

 17 E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, 18 prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

 I segni di eternità, i segni che restano, “che stanno in piedi in cielo”.
La prima cosa interessante è che non sono segni che riguardano la nostra perfezione morale del tipo: li riconoscerete perché saranno sempre buoni, perché saranno sempre bravi, perché saranno perfetti in ogni virtù morale; ma sono segni che non appartengono alle possibilità solo umane.
Un uomo infatti non può bere un veleno e continuare vivere o prendere in mano serpenti e non farsi male, ecc. quindi sono segni che non rivelano la propria bravura ma una presenza che ci abita, che ci permette di manifestare, attraverso la nostra umanità, un di più che non viene dalle nostre capacità, dalla nostra bravura! Ma è un di più che ci viene dal dono dello Spirito Santo!
Gesù manda i discepoli nel mondo, ma senza nascondere le fatiche. Eppure, se resteranno nella comunione con il Signore, saranno capaci di scacciare i demoni, ovvero le tentazioni, le minacce, le invidie, i tentativi di divisione, quei demoni che agiscono da fuori e da dentro; saranno capaci di parlare lingue nuove, ovvero di comunicare laddove sembra impossibile, di entrare in contesti sconosciuti, di donare parole di riconciliazione e perdono; prenderanno in mano i serpenti, potranno maneggiare la malizia e la maldicenza, l’ingiustizia e la calunnia ma non saranno avvelenati da tutto questo; guariranno i malati, porteranno consolazione, cureranno le ferite di un mondo lacerato dagli odi e dall’egoismo.

Buona domenica.
Don Paolo
Testi di rifermento per questa lectio:
Commento al vangelo domenicale, Don Marco Pedron
Commento al vangelo domenicale, Padre Gaetano Piccolo
Commento al Vangelo della domenica , Don Fabio Rosini